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Arte & Cultura

Ad Orbetello non troverete soltanto spiagge bellissime e selvagge con un’acqua cristallina ed una natura incontaminata che si presta ad ogni tipo di pratica sportiva, ma potrete immergervi anche in un mondo fatto di arte e cultura. Citiamo alcune delle cose che non potete in alcun modo perdervi.

 

Progetto Lumen

Lumen – Un Progetto di arte partecipativa per Albinia” al quale hanno partecipato quattro artisti provenienti da diversi percorsi personali e da più parti del mondo, interagendo e creando opere sotto gli occhi dei passanti. L’iniziativa, proposta dall’associazione Agape onlus, finanziata dalle risorse di “Toscanaincontemporanea 2019” della Regione Toscana con il patrocinio del Comune di Orbetello e la collaborazione del Liceo artistico di Grosseto e dell’associazione Kansassìti, richiedeva l’invio di progetti per installazioni site specific rivolto ad artisti under 35 attivi nel settore delle arti visive, con la possibilità di progettare opere permanenti, come installazioni scultoree, street art o elementi artistici di arredo urbano. Il tema al centro dell’evento è la luce, intesa come mezzo espressivo capace di svelare la realtà e allo stesso tempo trasfigurarla, coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza sensoriale immersiva. E a proposito di luce non poteva ovviamente mancare Enel che con E-Distribuzione, la società del gruppo elettrico che gestisce la rete elettrica di media e bassa tensione, ha messo a disposizione la cabina elettrica di Via Maremmana, a fianco della scuola dell’infanzia comunale, per farne un oggetto di street art.

 

Il Giardino dei Tarocchi

Nel cuore della Maremma, tra le colline di Capalbio e il mare, si nasconde un parco artistico molto speciale: il Giardino dei Tarocchi. Nato dalla fantasia della scultrice francese Niki de Saint Phalle, il Giardino raccoglie le sue statue ispirate alle figure degli arcani maggiori del mazzo dei tarocchi, che danno vita a un percorso esoterico, ispirato al meraviglioso Parc Güell di Gaudì a Barcellona. Influenzata dalle forme morbide e dalle maestose costruzioni dell’architetto catalano, Niki de Saint Phalle iniziò a costruire le opere a sue spese e con la collaborazione del marito Jean Tinguly. Le sculture alte dai dodici ai quindici metri, sono realizzate internamente con tondini di ferro di vario spessore e gettate di cemento: un intreccio speciale che ha reso queste “carte ciclopiche” anche antisismiche. In seguito le opere vennero rivestite con mosaici a specchio, vetro di Murano e ceramiche. Alcune opere sono state realizzate da altri artisti, come le panche in ceramica poste all’esterno del giardino, le sedie in ferro e ceramica dentro l’imperatrice e l’arredamento della biglietteria, opera di Pierre Marie Lejeune. Gli affreschi all’interno del mago sono del pittore Alan Davie, la scultura posta dentro la sacerdotessa è di Marina Karella, mentre la costruzione della biglietteria è stata affidata all’architetto Mario Botta. Per volontà dell’artista, nel Giardino dei Tarocchi non si eseguono visite guidate per lasciare all’interpretazione dei visitatori.

 

Museo Archeologico Comunale Ex Polveriera Guzman

L’ex Polveriera Guzman fu costruita dagli spagnoli nel 1692 ed utilizzata appunto come polveriera contenente tonnellate di esplosivo; nel 1860, Giuseppe Garibaldi, che raggiunse Orbetello dopo essere sbarcato a Talamone, vi si rifornì di munizioni per la Spedizione dei Mille (undici orbetellani si offrirono di seguirlo nell’impresa). Oggi è sede del Museo Archeologico di Orbetello. All’interno della polveriera trova sistemazione la collezione archeologica comunale. L’esposizione, caratterizzata da un’impostazione fortemente didattica e tipologica, ospita le ricche testimonianze archeologiche dell’area con reperti di particolare pregio provenienti da Orbetello (corredi dalle necropoli etrusche localizzate sull’istmo) e da Talamone (corredi tombali, stipi votive della Collezione Vivarelli e del Genio Militare con armi e strumenti agricoli miniaturistici e a grandezza naturale), rinvenuti in massima parte nell’’800 e all’inizio del ‘900. La seconda sezione, che occuperà il piano terra della Polveriera Guzman, sarà invece dedicata ai risultati degli scavi più recenti e alla documentazione dei numerosi complessi romani del territorio.

 

Foto di Alessandro Amadio

Museo Archeologico Nazionale ed area archeologica di Cosa

Ad Ansedonia, all’interno dell’area archeologica di Cosa, al di sopra delle strutture perimetrali di una casa di età romana, è stato costruito nel 1981 il Museo Nazionale di Cosa, frutto di una collaborazione tra lo Stato Italiano e l’American Academy in Rome, che ha eletto l’antica colonia latina di Cosa quale luogo privilegiato delle proprie attività di ricerca. All’inizio il museo possedeva un’unica sala dedicata ai reperti più significativi, provenienti principalmente dell’Arce, dal Foro e dalle abitazioni private. Di particolare interesse le decorazioni fittili dei templi sull’Arce, oltre alle esemplificazioni di ceramiche, vetri e oggetti in metallo e in avorio relativi all’instrumentum domesticum. Con l’ampliamento del 1997 la superficie espositiva è stata raddoppiata, con l’aggiunta di due nuove sale: la prima è dedicata all’area del porto e ai commerci, oltre che ai rinvenimenti nella necropoli circostante la città; la seconda accoglie invece le testimonianze relative alle fasi di vita più tarde, che documentano la frequentazione di Cosa almeno fino al XV secolo. Completano il percorso espositivo alcuni materiali riferibili ai secoli successivi all’abbandono della città (I secolo a.C., abbandono contemporaneo alla nascita di grandi ville collegate a estesi latifondi), fino alla trasformazione dell’area dell’Arce in guarnigione militare (V-VI sec. d.C.) e al successivo castello, che compare tra i possedimenti dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma (X secolo d.C.), per arrivare a testimonianze del XIII-XIV secolo.

 

Tempio di Talamonaccio

Il Tempio di Talamonaccio si trova sul colle di Bengodi (detto anche di Talamonaccio) sull’estremità ad est della baia di Talamone. Per raggiungerlo, da Talamone dovrete arrivare nel centro abitato di Fonteblanda e proseguite verso l’Aurelia in direzione Roma, appena vi sarete immessi sull’Aurelia, prendete la stradina che trovate subito sulla destra, percorretela risalendo il colle e lasciate l’auto nel punto in cui si crea un grande slargo, sulla destra la strada asfaltata continua a salire, mentre a sinistra si apre un sentiero non asfaltato. Il tempio etrusco si trova subito sulla destra pochi metri dopo aver preso il sentiero non asfaltato, salendo di qualche metro sulla sommità; se invece continuate lungo il sentiero, potrete ammirare un panorama magnifico che dalla baia di Talamone spazia fino all’Argentario, le Isole del Giglio e di Montecristo ed il tramonto con il sole che scende nel mare dietro Talamone. Il Tempio di Talamonaccio fu costruito dagli etruschi nel IV sec. a.C. in onore del Dio Tinia e di una Dea di cui però non conosciamo il nome. Era lungo più di 20 metri, largo 12 ed alto 4. Una scalinata portava al Pronao dove si trovavano 4 colonne, dietro alle quali si apriva la cella che ospitava la statua della divinità. La parte frontale del tempio guardava verso il mare e tutto l’edifico poggiava su un basamento in pietra i cui resti sono ancora visibili. Si vedono anche i basamenti di alcune colonne, i resti parziali della cella, le rovine dell’area sacra e della cisterna sul lato sinistro. Il Tempio di Talamonaccio probabilmente fu distrutto ed incendiato nel I° secolo a.C. durante le lotte tra Silla e Mario. Il ritrovamento invece è avvenuto nel 1889 durante i lavori di costruzione di un fortilizio militare, anche se la campagna di scavi si svolse solo tra il 1962 ed il 1969. La cosa più bella ed importante di questo tempio arrivata fino a noi, è il magnifico frontone, conosciuto come Frontone di Talamone. Questa splendida ornamentazione di terracotta era collocata sulla facciata posteriore del tempio e rappresentava il mito dei Sette contro Tebe. Attualmente è conservato nel Museo Archeologico di Firenze.

 

Villa di Settefinestre

La Villa di Settefinestre, localizzata nella frazione di Giardino, fra Capalbio e Orbetello, nella cosiddetta Valle d’Oro, è una villa di età tardo repubblicana di proprietà della famiglia senatoriale dei Sestii. Costruita nel I secolo a.C. con una doppia funzione, residenziale ed agricola, era disposta su vari terrazzamenti che risalivano dal muro turrito di recinzione fino alla cima della collina dove sorgeva il corpo centrale del complesso, fondato su un sistema interno di gallerie o criptoportici, aperti sulla valle con un prospetto architettonico fenestrato che ha dato probabilmente il nome alla località. Il corpo centrale o pars urbana, era articolato in due quartieri, lussuosamente decorati da mosaici pavimentali ed affreschi, mentre nella pars rustica si trovavano gli impianti per la produzione dell’olio e soprattutto del vino, sul cui commercio si basavano prevalentemente i proventi dell’azienda. In età traianea la villa subì una completa riconversione produttiva ed alle originarie attività subentrarono l’allevamento degli schiavi e dei maiali e forse di pollame e selvaggina. Nonostante la riconversione, la villa non sopravvisse all’età degli Antonini. Il fondo confluì probabilmente nel latifondo imperiale, i campi furono progressivamente abbandonati e gli edifici spogliati di tutto ciò che potesse essere reimpiegato altrove.

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